lunedì 13 luglio 2009

AUTOSTORICIZZAZIONE

Radio24 si sta masticando ben bene Facebook già da parecchi mesi, di certo ancor prima che divenisse la più corteggiata modalità d’ espressione del comunicare contemporaneo. Ancora i giornali non parlavano del social network preso all' arrembaggio dagli italiani come in nessun altro paese al mondo, ma già i nostri radio ascoltatori facevano a gara ad iscriversi a Facebook. E' da aprile 2008 che accetto “amici” tra il pubblico di Radio24, sono quelli maggiormente presi da quell’ ansia furiosa d’ aggregazione che solo un medium così passionale riesce a fomentare. E’ una robusta community di fidelizzati radiofonici, spontaneamente ha fatto crescere una rete di socializzazione attorno agli spunti quotidiani di un programma d’analisi della società e della comunicazione come Melog. Il primo obbiettivo comune è stato quello di articolare una mappa territoriale di possibili luoghi fisici, ossia avamposti concreti costituiti da ascoltatori. Il fine della rete è sin dall’ inizio un comune attacco emotivo all’etere. All’ unisono, da ogni possibile regione italiana. Il pubblico di Radio24, soprattutto nella fascia d’ ascolto mattutina, non era nuovo a derive collettive in aree d’ incontro inconcrete, l' edizione precedente aveva già registrato una simile transumanza di coscienze attive e curiose in Second Life.

Allora il mondo tridimensionale interattivo on line della Linden lab godeva della stessa euforica attenzione mediatica che ora si è accesa su Facebook. Per i radioascoltatori fu una prima occasione singolare e curiosa di confrontarsi direttamente con chi per loro era solo una voce, anche e soprattutto fuori dagli spazi di palinsesto. Per questa attitudine già esercitata dalla punta più tecnologicamente avanzata del pubblico non è stato difficile proporre a primavera una nuova transumanza verso un social networking radiofonicamente rappresentabile. Scelsi Facebook anche se allora Myspace sembrava la piattaforma più trendy e praticata. La struttura dell’ interfaccia era al tempo nella sua prima versione, senza chat e molto più spartana che l' attuale. L' affluenza era molto più lenta e soprattutto non ne parlavano i giornali, tanto che era difficilissimo spiegare al microfono di cosa si trattasse ai meno attrezzati.

Mi posi subito un obbiettivo che aveva lo scopo di caricare di significati esclusivi la partecipazione. Aprii un gruppo chiamato “l' impresa dei mille” e stabilii che il limite dei privilegiati partecipanti sarebbe stato di mille e non più di mille. Cominciai a tenere Facebook aperto durante il programma citando in diretta le osservazioni di chi mi seguiva collegato. In breve quel feedback sostituì per maggiore vivacità e ricchezza di contributo quello tradizionale attraverso gli sms. Inoltre la modalità “upload” di Facebook permetteva di caricare anche direttamente dal proprio cellulare immagini, canzoni auto prodotte, video racconti che il pubblico mi inviava sicuro di contribuire concretamente al programma seguendo sollecitazioni che io proponevo. Questa prima fase ebbe la sua apoteosi concreta ne “La notte della passione” di fine giugno, un raduno nella sede di via Monterosa di almeno trecento persone venute da tutta Italia e altre centinaia dislocate in una ventina di presidi territoriali: le “Altane della passione” dislocate in quasi tutte le regioni italiane, ma anche in Cina, negli Stati Uniti, in Turchia. A settembre abbiamo fatto un passo avanti nell' integrazione radio-Facebook: il programma Melog 2.0 diventa una propaggine della comunità on line che oramai si è allargata notevolmente. Lo strumento principale su cui ho articolato l' interazione è stato il profilo, che oggi ha raggiunto il limite massimo dei 5000 amici iscritti. Trovo che rispetto al gruppo l' interazione sul profilo mi consenta più libertà di “forzare” il sistema rigido di Facebook nella direzione di un blog, ma molto più vivace nell' immediato.

Ogni giorno anticipo il tema della puntata successiva o cerco suggerimenti per nuovi argomenti. Nel giro di un paio d' ore la community reagisce attivamente e comincia a fornirmi spontaneamente delle “storie” necessarie per articolare il talk show in diretta. In più io mi rendo disponibile in rete agli ascoltatori per tutto il tempo in cui per ragioni professionali sono comunque connesso (almeno 7-8 ore al giorno come media). Non ho più nemmeno bisogno di cercare ospiti e esperti perchè è il social network che me li suggerisce. Ho messo assieme un' “Università fantasma”, non ha sede concreta, ma è costituita da un considerevole numero di professionisti, studiosi, ricercatori e docenti portatori di competenze aggiornate e contaminate da esperienze extra accademiche. La vecchia radio ancora una volta è il medium che più facilmente si contamina con il web, riconfermando così la sua fisiologica capacità di “osare”, ma soprattutto di saper rinnovarsi in una continua sperimentazione delle modalità di comunicazione più avanzate.




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